Regia: Renzo
Martinelli; Soggetto: Pietro
Calderoni, Renzo Martinelli; Sceneggiatura:
Pietro Calderoni, Renzo Martinelli; Produttore: Roberto
Andreucci, Norbert Chalon, André Farwagi, Giuseppe Giglietti,
François Marquis, Renzo Martinelli; Fotografia: Blasco
Giurato; Montaggio: Massimo Quaglia; Effetti speciali:
Paolo Consorti, Ivan Pietro Parillo; Musiche:
Francesco Sartori; Paese:
Italia, Francia; Anno: 2001; Durata: 116 min; Colore:
B/N e colore; Audio: sonoro; Genere: drammatico;
Tipologia: lungometraggio; Distributore: 01
Distribution; Ufficio Stampa: Studio PUNTOeVIRGOLA / 01
Ufficio Stampa;Vendite Estere: Blue Star Movies;
Interpreti e personaggi:
- Michel Serrault: Carlo Semenza
- Daniel Auteuil: Alberico Biadene
- Laura Morante: Tina Merlin
- Jorge Perugorría: Geom. Olmo
Montaner
- Mauro Corona: Pietro Corona
- Anita Caprioli: Ancilla Teza
- Leo Gullotta: Mario Pancini
- Philippe Leroy: Giorgio Dal Piaz
- Jean-Christophe Brétigniere: Edoardo
Semenza
- Nicola Di Pinto: Francesco Penta
- Claudio Giombi: Celeste Martinelli
- Roberto Andreucci: Aldo Merlin
- Federica Martinelli: Margherita
- Eleonora Martinelli: Giannina
- Maurizio Trombini: Ing. Desidera
- Bruno Bilotta: Remo
- Paco Reconti: Bertolissi
- Antonio Fabbri: Prof. Augusto Ghetti
È
il primo film catastrofico italiano, o più precisamente europeo. Un
film ibrido che si dibatte tra denuncia e spettacolo, cronaca, storia
e romanzo, senza il coraggio di una scelta stilistica coerente.
Scelta che invece fa il regista Renzo Martinelli nel delineare una netta distinzione
tra i buoni (gli abitanti del posto, vittime ignare della
preannunciata catastrofe, e la giornalista Tina Merlin, paladina
della giustizia pronta a battersi in difesa dei più deboli) e i
cattivi (i membri della SADE che, per la fama ed il proprio
tornaconto, sono pronti a qualsiasi cosa). Solo verso il finale si
assisterà ad una scena di pentimento da parte di Alberico Biadene e
Mario Pancini (due dei membri della SADE), che incontratisi
casualmente in una chiesa, entrambi in preda alla angoscia per quello
che potrebbe succedere a causa della loro sconsideratezza, si
confidano le proprie paure e riflettono sul da farsi. La scelta da
parte del regista di far incontrare i due in una chiesa ovviamente
non è casuale. Quasi ad indicare che in fondo anche i carnefici
hanno un cuore, ma molto piccolo, visto che il loro rimorso
scaturisce fondamentalmente dall'angoscia dell'essere scoperti e dal
conseguente prezzo da pagare.
Fin
dall'inizio del film si avverte nell'aria il tragico finale. La scena
della morte accidentale di uno degli operai che, a causa dello
scoppio di una tubatura, cade dalla diga, ne è un esempio.
La
musica accompagna fedelmente la pellicola, con una netta distinzione
tra la musica angosciante preannunciatrice della tragedia e quella
tranquilla di sottofondo alla vita quotidiana del posto.
Il
personaggio della Merlin (interpretato dalla Morante) è poco fedele
all'originale: estremamente agguerrito nel film, meno nella realtà.
La
Merlin della Morante risulta essere molto funzionale al film, in
quanto il regista la fa diventare portatrice di una scomoda verità e
paladina della giustizia, pronta a difendere gli oppressi contadini
anche a costo della sua carriera. Significativa a riguardo è la
scena del processo a Roma alla giornalista, dove i contadini da lei
difesi nei suoi articoli incriminati, accorrono a difenderla
testimoniando a suo favore e portando il processo alla totale
assoluzione della Merlin, con un finale pieno di abbracci tra la
giornalista e i contadini, e l'esultanza e la gioia di tutti.
Il
film procede lentamente, tra discussioni politiche e tecniche, e gli
svariati siparietti dalla vita ordinaria degli abitanti del posto.
Martinelli sceglie appositamente di mostrare scene di vita quotidiana
del posto per dare un senso di umanità alla storia, rendendo il
tutto meno documentaristico senza però distogliere troppo lo sguardo
dal filone principale che è la diga e i suoi pericoli. Ci sono il
nonno testardo continuamente in pensiero per la spericolata nipotina,
che danno un tono divertente al film. E poi i due fidanzatini Olmo e
Ancilla, di cui assistiamo per intero alla loro storia d'amore,
accompagnata da una musica che ricorda molto la colonna sonora del
Titanic. Ci vengono mostrate scene che vanno dal primo incontro al
matrimonio, dai primi momenti della loro vita coniugale alla notizia
di un primogenito in arrivo, fino alla tragica morte di lei e al
successivo pianto disperato di lui. La scena della morte di Ancilla è
quella che meglio sottolinea ciò che il regista vuole delineare fin
dal principio: quanto la natura può essere terrificante, se non
addirittura vendicativa. Ancilla si trova seduta per terra aggrappata
ad un portone, appoggiata ad un muro. È terrorizzata, in preda al
panico e in un mare di lacrime, sa di non avere via di fuga. La
macchina da presa non ci mostra l'onda di fango che sta per
travolgerla, è fissa su Ancilla, dando quasi l'impressione di vedere
l'onda riflessa nel suo sguardo terrorizzato. La ragazza è ripresa
dall'alto verso il basso, per dare maggiormente l'impressione della
grandezza dell'onda, quasi si volesse paragonare l'onda ad un'entità
divina. Il tipo di inquadratura scelta in questa scena è in netto
contrasto con la scelta stilistica del film. Infatti per tutto la
pellicola i personaggi vengono ripresi dal basso verso l'alto con il
grandangolo quasi sempre inclinato, per imprimere maggiormente un
senso di liricità al film.
Subito
dopo la catastrofe, Martinelli ci mostra una quiete sorda, rotta dal
pianto disperato del personaggio di Olmo, in ginocchio in un mare di
fango e detriti alla ricerca del corpo di Ancilla. Al lato in piedi
senza più parole Tine Merlin, che osserva, non solo la sua
sconfitta, ma soprattutto quella del genere umano davanti alla
potenza devastatrice vendicativa della natura. La scena è anch'essa
ripresa dall'alto, lo spettatore ha la sensazione di essere accecato
dalla luce e di non essere in grado di vedere bene, come se tutto
fosse un po' privo di colori. Questa aura d'oro accecante imprimesse
alla scena un sapore epico. Martinelli sembra aver volutamente
posizionato la macchina da presa in direzione della luce, proprio per
voler evitare di vedere i risultati della catastrofe, dell'arroganza
e della sconsideratezza umana, per mostrare quanto tutti erano stati
accecati dal dio denaro e avevano perso di vista ciò che era
veramente importante, ovvero la vita umana.
È il
film italiano nel quale si usa più frequentemente la tecnica degli
effetti artificiali. Infatti tutte le scene della catastrofe, del
crollo di parti della montagna e della diga, ma soprattutto le scene
in cui ci viene mostrata la montagna che si muove, sono effettuate
grazie ad effetti speciali.
Per
riprodurre la diga sono state create delle sezioni a grandezza
naturale poste su un binario di 140 metri di lunghezza a forma ad
arco, per riprodurre tutta la diga in tutta la lunghezza.
Inoltre
è il film più costoso mai girato in Italia (record fino a quel
momento detenuto dal film Nirvana di Gabriele Salvatores), girato con
17 miliardi di lire.
Fonti:
http://it.wikipedia.org/wiki/Vajont_-_La_diga_del_disonore
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